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Festa dei piccoli Comuni
In vetrina gli uliveti locali
Costacciaro -
La coltura dell'ulivo all'ombra del Monte
Cucco sarà una delle peculiarità al centro delle iniziative della festa
nazionale della Piccola grande Italia promossa da Legambiente. Nel
territorio pedemontano di Costacciaro, ma essenzialmente sulle prime
pendici assolate dei suoi monti, rivolte ad occidente, e soprastanti la
Via Flaminia,
si coltivano, da tempo immemorabile, gli ulivi. Qui l'ulivo,
favorito dal perdurante riscaldamento solare, dai terreni calcarei ben
drenati e dalla scarsa umidità dell'aria, vegeta, tranquillamente, sino
oltre i 600 metri a Costa San Savino. E' inoltre da segnalare la presenza
residuale di taluni oliveti plurisecolari, come quello cosiddetto "De Leri".
Le varietà d'ulivo, fatte oggetto di coltivazione nel territorio di
Costacciaro e dintorni, sono le seguenti: "raggiòla", "raggio", "pallona"
o "rigalese", "leccino" Con il termine dialettale "raggiòla" si indica,
localmente, sia la cultivar omonima sia la varietà "raggio", oltreché
qualsiasi altra varietà coltivata d'ulivo a frutto piccolo e piccolissimo.
La coltivar d'ulivo, denominata "rigalese" (da "Rigali", frazione di
Gualdo Tadino, nella quale la sua coltura è particolarmente diffusa) è
stata selezionata, nei secoli, per resistere alle basse temperature
invernali delle nostre aree pedeappenniniche. La "rigalese" riesce,
infatti, a "fronteggiare" temperature di molti gradi sotto lo zero. Non è,
perciò, un caso se tale varietà coltivata d'ulivo uscì sostanzialmente
indenne dalle terribili gelate dell'inverno 1985, che fecero, invece,
un'ecatombe fra gli ulivi della restante parte dell'Umbria e della
Toscana. Le qualità organolettiche ottenibili da questa cultivar sono
davvero eccellenti, fra le migliori, in senso assoluto, dell'Umbria. La
pianta produce, infatti, una bassa quantità d'olive, inconveniente,
questo, che va a tutto vantaggio della qualità, spesso sopraffina,
dell'olio. Nelle nostre zone, piccoli uliveti erano messi a dimora dai
contadini anche lungo le colline marnoso‑arenacee, situate verso Gubbio,
oltre il fiume Chiascio, ma la scarsa presenza di terreni calcarei e
drenati, unita alla maggiore, e più persistente, umidità atmosferica di
quei luoghi, sfavoriva alquanto lo sviluppo di tale coltura. L’olio
prodotto da queste piante risultava, infatti, di sovente scarso,
particolarmente grasso e di sapore ben poco gradevole: In passato, quasi
tutte le olive ottenute nel territorio del Parco erano portate a spremere
nei locali frantoi oleari. Molti di questi molini ad acqua erano situati
lungo il torrente Scirca. Un patrimonio che oggi viene messo in primo
piano.
Euro Puletti
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