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Costacciaro - La sera di
martedì 9 dicembre, alle ore 21 circa, al campo di calcio
di Costacciaro,
è tornato il tradizionale appuntamento con il "Focaraccio". Attorno al
gran falò di quest'anno (detto anche, meno comunemente, "Focarone"),
allestito ed acceso per iniziativa della Pro loco, sono stati serviti vin
brulè e bruschetta per tutti. II Focaraccio viene, da secoli, puntualmente
acceso, a Costacciaro ed altrove, per ricordare la cosiddetta "Venuta":
miracolosa traslazione della Santa Casa della Madonna, da Nazareth a
Loreto. Pare che le campagne fossero quasi rischiarate a giorno da miriadi
di fuochi. Un tempo, a portare la "legna grossa" e quella "fina", raccolta
in ogni parte del territorio comunale, e, spesso, donata da ogni singola
famiglia, era un grande carro agricolo a quattro ruote, detto "sterzo" :
La gran catasta; che si innalzava, ammucchiando, via via; legna su legna,
e che assumeva, perlopiù, una forma piramidale, conica o tronco-conica,
era chiamata "méta". L'esca per l'accensione del fuoco era costituita da
paglia, carta e "fascinelle de torcoli", ovverosia da fastelli di legna
minuta. Al fuoco, o ai suoi laboriosi preparativi, s'accompagnavano,
talora, gli scampanii a festa dei bronzi delle chiese, le litanie
cadenzate, e le invocazioni alla Vergine lauretana delle donne pie. Molte
riti, propri della religiosità popolare, si consumavano, un tempo, attorno
al "Focaraccio de la Venuta", o a quello di San Giuseppe. Una ritualità
praticata per San Giuseppe (19 di marzo), consisteva nel gettare lontano
un tizzone di fuoco ("tizzo de foco"), ormai divenuto freddo carbone. Il
tizzone era gettato il più lontano possibile, accompagnando il gesto,
scaramantico ed apotropaico, con la seguente formula d'esorcismo: "Per san
Pietro e per san Paolo, tutte le serpe gite al diavolo!".
Euro Puletti
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