Costacciaro: cenni sulle più antiche e ragguardevoli famiglie condomini e suoi più illustri esponenti

di Euro Puletti


 

Sembra che, in origine, le famiglie facenti parte dell’Università degli Uomini Originari di Costacciaro fossero divise in due gradi. Del primo grado, facevano forse parte le vere “schiatte” originarie, mentre, dell’altro, quelle che si erano affrancate in epoche successive. Questa deduzione può, però, trovare un argomento a sfavore nel fatto che, in cima alla lista nominativa, stilata nel 1851 o 1852, figura la famiglia Chemi, più onorata e possidente che antica (a Costacciaro, il primo membro, finora conosciuto, di tale casato, fu Francesco di Chemo, a. 1625. Da ultimo, va ricordato Monsignor Felice Chemi, Padre spirituale e confessore del Seminario Diocesano di Gubbio nel XX secolo). L’insediamento dei Chemi a Costacciaro non può, infatti, retrodatarsi oltre i secoli XVII-XVIII. Nel 1886, stando a quanto riportato dall’allora Archivio Parrocchiale, i Chemi possiedono, a Costacciaro, oltre all’omonimo palazzo, l’Aia Chemi, la Fornace Chemi (forse l’attuale Fornace, attigua al Palazzo Fantozzi lungo il Fiume Chiascio) e le località rurali Trebbio Primo, Trebbio Secondo e Trebbio Terzo. Il criterio del grado potrebbe, dunque, essere stato maggiormente legato allo status sociale ed al censo. Antichissime e possidenti erano (o lo sono ancora), invece, senza dubbio alcuno, le famiglie Aliberti (nel 1886, posseggono i Predi Aliberti), Andreoli (gli Andreoli potrebbero essere i discendenti di un tale “Andreolus”, che è un diminutivo di Andrea, nome proprio di persona portato da un certo Andreòlo da Costacciaro, uomo ricco, che, il 20 giugno 1440, donò 72 fiorini d’oro alla chiesa di San Lorenzo), Bernabei (tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, la famiglia Bernabei si pone a capo d’un movimento irredentista, interno alla municipalità paesana, e finalizzato a svincolare Costacciaro dalla dipendenza eugubina. Fra i membri più prestigiosi di questa famiglia, vanno annoverati: Francesco Andrea Bernabei, francescano minore conventuale, il quale fu stimato scrittore di geografia, aritmetica, cosmografia e precursore della pedagogia moderna [secc. XVIII-XIX], il politico e deputato costacciarolo Carlo Bernabei [frate francescano minore conventuale?], sec. XVIII, Vincenzo Bernabei, uditore della Repubblica di Genova e Francesco ed Antonio Bernabei, entrambi ministri provinciali dei frati francescani minori conventuali nel XIX secolo). Intorno al XVII secolo, uno dei Priori di Sigillo, cioè uno dei “capi del comune”, era Feliciano Bernabei, forse abitante od oriundo di Costacciaro. Nelle immediate vicinanze di Costacciaro, almeno fino all’anno 1886, esisteva ancora una probabile, antica proprietà di tale ragguardevole famiglia: l’Aia Bernabei. Antiche ed importanti furono, ancora, le famiglie Ronconi (da tale famiglia ebbero, fra gli altri, i natali il segretario comunale Angelo Ronconi, nell’Ottocento, ed Armando Ronconi, sindaco di Costacciaro nel Novecento), Boldrini (un tal Boldrino è già citato, a Costacciaro, sotto il dì 31 luglio 1382) e Bontempi (fra i soggetti costituenti quest’ultima, molto erudito fu il minore conventuale, del secolo XIX, Padre Maestro Tommaso (o Tomasso) Bontempi, padre provinciale dell’ordine nel 1817; questi collaborò, assai utilmente, alla redazione della famosa vita del Beato Tomasso di Fra’ Bonaventura Bartolomasi, scoprendo, tra l’altro, la pergamena, del XV secolo, in cui erano contenute le prime note biografiche sul Beato, scritte a pochi anni dalla sua dipartita). Padre Bontempi, inoltre, mise insieme le prove documentarie attestanti il legittimo diritto di proprietà degli Uomini Originari sul Monte Cucco. L’otto maggio 1810, presentandole al delegato prefettizio, signor Coltellini, Padre Bontempi riuscì, così, a scongiurare un pretestuoso tentativo d’espropriazione dei beni dell’Ente. Vi furono, poi, e vi sono ancora, i Mariani ed i Vergari. Del ceppo degli Achilli, fu famoso, sul piano religioso, Michele Vergari, ministro provinciale dei frati francescani minori conventuali nel XVIII secolo, il quale, come si desume dal seguente brano, fece erigere, a sue spese, la chiesa della Mastradella, che «[…] fundata fuit annis 1690 et 1691 sumptibus sacerd. Michaelis Angeli Vergari de patronatu familiae Vergari ex masculina progenie q.m Octavi Antonii fratris dicti sac.». In seno alla famiglia Vergari, di tale tradizione francescana, fiorentissima a Costacciaro sin dal XIII secolo, non va dimenticato un degno erede, a noi contemporaneo: Padre Fernando Vergari, nato a Costacciaro il giorno 27-III-1937. Sul versante civile, va, invece, rammentato Achille Vergari, sindaco di Costacciaro nel 1878. I Vergari de Béla potrebbero, invece, discendere da quell’enigmatico Berardellus o Belardellus, forse membro della nobile ed antichissima famiglia eugubina dei Berardelli (Béla può, infatti, risalire al nome proprio di persona Bela-rdellus, ed i Béla, in effetti, sono sempre stati in possesso di proprietà terriere a Colmartìno), il quale possedeva un’importante domus a Colmartìno, già nel XII secolo. Onorevoli furono, altresì, i Guidarelli: Don Francesco Guidarelli fu, fra gli altri, ammirevole e solerte sacerdote costacciarolo dell’Ottocento. Appartenente all’Università degli Uomini Originari di Costacciaro, commissionò al pittore cagliese Simone Cacciabovi, dietro benigna concessione del Vescovo eugubino, Monsignor Vincenzo Massi, lo splendido dipinto del Beato Tomasso, un tempo presente nella sacristia del santuario della Madonna delle Grazie di Costa San Savino, caldeggiò la costruzione dello stesso santuario mariano e sovrintese scrupolosamente ai suoi lavori, assistendo, inoltre, da attendibilissimo testimone oculare, al miracolo, consistente nello scaturire della sorgente dell’attuale Fosso de la Madonna, da un arido scoglio, esistente proprio sopra il santuario. Impossibile sarebbe, poi, non citare i Grasselli, i Brunori ed i Fabiani (Vincenzo Fabiani, figlio di Pietro, fu sindaco di Costacciaro nel 1861). Molte di queste famiglie, come i conti Fabiani, sono di sicura origine eugubina, nobile, o comunque, possidente, o, soltanto, molto antica: Armanni, Fabiani, Brunori (con quest’ultimo cognome, a Gubbio fu famoso un pittore), Andreoli (mes. Francesco Maria Andreoli, costacciarolo, a. 1625). L’onorevole famiglia Andreoli, ora estinta, ed a un cui membro è dedicata una via di Costa San Savino, era ancora attestata, dal Registro Parrocchiale di Costacciaro, nel 1886. Assai rimarchevole fu, inoltre, la famiglia Boldrini (Boldrino Boldrini, ministro generale dei francescani minori conventuali nel 1465? Bernardino Boldrini fu un letterato universitario e francescano minore conventuale del secolo XVI, che partecipò, da protagonista, niente meno, che al Concilio di Trento). Ai Boldrini appartenne anche un letterato sconosciuto ai più, vale a dire Salvatore Boldrini, zio materno (“avunculus”) di Ludovico Carbone. Salvatore Boldrini scrisse una breve prefazione all’opera del nipote  L’huomo giusto o la centuria delle lodi dell’huomo cristiano del signor Lodovico Carbone da Costacciaro[i], Dottore di Teologia (tradotta dal Reverendo Padre Leonardo Cernoti, Canonico di San Salvadore, in Venetia, Giacomo Antonio Somasco, 1594 e dedicata al cardinale Montelpare).  Da ciò si deduce che i Carbone ed i Boldrini erano imparentati. Da non trascurare i Mariani (il 22 gennaio 1378 ser Matteo Mariani è capitano del castello di Costacciaro, mentre per il 19 giugno 1427, è ricordato il possidente costacciarolo Franceschino di Mariano) ed i Grasselli (a tale antichissima famiglia condomine appartenne, niente meno, che il beato Tomasso da Costa San Savino [1262-1337]). Non presenti nel citato elenco, perché estinte prima del 1852, le nobili e/o ragguardevoli famiglie Armanni Nel marzo dell’anno 1166, imperando Federico I Barbarossa, Raimundus Armanni [quasi sicuramente di Costacciaro, N.d.A.] dona alla canonica di S. Mariano tre modioli di bosco in località Palastro [forse l’attuale vocabolo rurale costacciarolo Palazzo], che confinano con i beni di S. Andrea de Insula [Filiorum Manfredi, N.d.A.]») e Guelfoni, le più antiche, potenti e nobili di Costacciaro nel Medioevo, entrambe di possibile ascendenza langobarda. Nell’età dell’Umanesimo, e, ancor più, in quella del Rinascimento, si distinguono i Massarelli (tale famiglia dette i natali, nel XV secolo, a Massarello Massarelli, grande erudito; da ricordare, nel 1584, Angela Massarelli, committente della pala d’altare della chiesa di Santa Maria della Neve a Ràncana) e i Fauni (come non ricordare il capostipite Mariozzo o Mariotto Fauni [un cui discendente diretto Pietro di Mariozzo Fauni ottenne la cittadinanza eugubina il 31 dicembre 1547] ed i vescovi Bonaventura Pio, Pietro Fauni come non citare, inoltre, il teologo, del XVI secolo, Flavio Fauni, il Ministro Provinciale dei Frati Francescani Minori Conventuali, per il 1547, Jacobus Fauni (Jacopo Fauni), l’illustre uomo d’arme, del XVII secolo, Francesco Fauni e i pressoché contemporanei Francesco Fauni, capitano al servizio del duca di Parma e della Repubblica di Genova nel 1674 ed il gentiluomo Marcello Fauni, benefattore del “monastero delle Grazie” o di Santa Maria Assunta in Via Nuova il 15 giugno 1628. In progresso di tempo, ecco segnalarsi i Sammattei  o Sanmattei, fra i quali fu molto celebre il religioso Fra’ Dionisio (nome latinamente svolto in Dionysius) Sanmattei, francescano minore conventuale, grande predicatore, ed inquisitore generale della città di Firenze e dei suoi domini contro “l’ereticale nequizia”, vissuto tra i secoli XVI e XVII e morto, a Firenze (o in Francia), nel 1613. Intorno al 1600, Magister Dionysius  dovette sollecitare ed aiutare il Padre camaldolese Don Silvano Razzi a redigere la biografia del Beato Tomasso per il volume Vite de’ santi e beati dell’ordine di Camaldoli. Padre Maestro Dionisio Sammattei, o Sanmattei, (Fra’ Dionysius Sammattei “Constacciarius”), francescano anch’egli, come detto, chiamato, anche, “Maestro Dionisio Fiorentino” (poiché avrà certo ricevuto la cittadinanza onoraria di Firenze), fu, altresì, reggente del Convento dell’Annunziata della stessa città. Parente del grande Dionysius fu Matteo Sammattei (Frater Mattheus de Sanmatthei a Costacciario), Lettore delle Arti (“Lector Artium”) nel convento di Santa Croce in Firenze e cancelliere del “compaesano” Pater Magister Dionysius Sammattei. Fra’ Matteo Sammattei firmò (“eius nomine concedit”), in qualità di cancelliere, l’approvazione, concessa dal suo “compaesano”, l’inquisitore Pater Magister Dionisyus Sanmattei, alla stampa del libro dell’abate Camaldolese Don Silvano Razzi Le vite de’ Santi & Beati dell’Ordine di Camaldoli, (Cosimo Giunti, Firenze 1600). Entrambi questi costacciaroli illustri fecero probabilmente sì che in tale libro venisse concesso gran spazio alla biografia del Beato Tomasso da Costacciaro (che nel testo è chiamato “Tommasso”), così come lascia intendere Don Silvano Razzi con questa laconica frase: “Perché essendone io stato pregato d’alcuni amici […]”.Un tale Sebastiano Sammattei, costacciarolo, è, inoltre, documentato per l’anno 1625. Si racconta che I Generotti del Chiascio, imparentati con quelli di Costacciaro,  fossero valenti soldati di ventura al soldo dei Conti, e poi Duchi, di Montefeltro. Per i loro preziosi servigi, lungamente prestati, ottennero in dono i diversi poderi che tuttora possiedono. Imperdonabile sarebbe dimenticare i Carboni (assai probabilmente membri “onorifici” dell’Università fra i secoli XV e XVII), il cui ultimo rappresentante documentato sembra essere stato, nel 1625, donna [cioè ‘signora’] Claudia Carboni. Di tale famiglia fece parte anche il grande umanista di Costacciaro, messer Ludovico Carbone o Carboni [sec. XVI], conosciuto, a livello nazionale, per i suoi ponderosi ed eruditi trattati di filosofia e diritto. Ed eccoci ai Longhi, che dettero i natali ad un letterato costacciarolo, finora pressoché sconosciuto, di cui Ludovico Carbone era stato “praeceptore […] optimo” (‘ottimo precettore’), vale a dire Urbanus Longus (‘Urbano Longhi’), il quale, in un elogio dell’opera del suo maestro, si rivolge “cristiano lectori”, cioè ‘al lettore cristiano’. In tale opera, Urbanus Longus fa anche una προσοποποιία (“Urbani Longhi a Costaciario προσοποποιία”), vale a dire: ‘prefazione di Urbano Longhi da Costacciaro’. L’ultimo soggetto di rango dei Longhi, citato in un documento d’archivio del 1625, fu, a mia scienza, mes. Tiburzio Longhi. Il suo esponente di gran lunga più importante dovette, tuttavia, essere (secondo l’autorevole parere degli studiosi monsignor Domenico Bartoletti [la cui madre era la costacciarola Benedetta Chemi, al cui nome è intitolato l’astenotrofio Casa Benedetta di Sigillo], sigillano, e del padre provinciale dei francescani minori conventuali, fra’ Giuseppe Bellucci, costacciarolo) il beato francescano fra’ Filippo Longhi, ritenuto, da taluni, oriundo di Costa San Savino, e detto “Il Lóngo”, per l’alta statura, settimo compagno di San Francesco[ii]). Si distinsero, altresì, i Lupini, i quali possedevano un palazzetto fortificato (il Palazzo Lupini) a Ràncana, con fondaci medioevali, struttura portante rinascimentale e superfetazioni edilizie del secolo XVIII. La tradizione orale popolare vuole che questa dimora fosse stata costruita dai Duchi d’Urbino. Da documenti d’archivio, apprendiamo come il 12 febbraio 1582, sotto la signoria dei Della Rovere, Giovanni Luca Lupini, probabilmente di Ràncana ed abitante nel citato palazzo, fosse capitano del Castello di Costacciaro. Il nostro breve excursus non tralasci, però, benché estinti, i Valentini, il cui più importante membro fu Stefano Valentini, sergente maggiore sotto Carlo V in Fiandra nel 1510; un Felippo Valentini, costacciarolo” è ricordato sotto l’anno 1625), ed i Piccini (mes. Gregorio Picini, costacciarolo, a. 1625). Degna di nota fu, altresì, la famiglia Pambianco di Villa Col de’ Canali, tuttora esistente. Essa dette, infatti, i natali, nel 1878, al degnissimo ed assai erudito frate agostiniano Filippo Pambianco, notevole scrittore, morto in odore di santità e a Don Settimio Pambianco, encomiabile cappellano militare durante la guerra 1915-1918. 


[i] Nei suoi libri, Ludovico Carbone è definito ‘da Costacciaro’, ‘a Costaciaro’, ‘a Costaciario’.

[ii] Secondo il parere di certuni, la vita e l’esempio di quest’illustrissimo esponente dei frati francescani avrebbe fornito come una sorta di “incipit” alla fondazione della lunghissima e gloriosa tradizione francescana a Costacciaro.