"L'OSTERIA DEL GATTO A COSTACCIARO"

 

Sul muro di un’abitazione di Costacciaro, si conserva un’antichissima pietra arenaria. Su di essa, è scolpita, in bassorilievo, l’immagine di un gatto, poggiante le zampe su un tronco d’albero abbattuto e nodoso. Sopra di essa, figura la seguente enigmatica “terzina”, di sette lettere per ciascun rigo (o, forse, “verso”), composta da grandi caratteri maiuscoli, sovrapposti e perfettamente allineati:

ISOVGAT

EOSTEVL

ENIOVET

Il manufatto lapideo potrebbe rappresentare un vestigio scultoreo d’epoca altomedioevale, forse proveniente dal Castello dell’Isola dei Figli di Manfredo, fondato, da un feudatario di stirpe regale langobarda, nel X secolo. Questo, almeno, è quanto suggerisce un’ipotesi, a suo tempo avanzata dall’illustre studioso di epigrafia latina Bartolomeo Borghesi. Di passaggio a Costacciaro per ragioni di studio, agli inizi del XIX secolo, Borghesi commentò, con le seguenti parole, ad un gruppetto di studiosi e compagni di viaggio, l’iscrizione epigrafica scolpita sulla pietra: “Queste sono le vostre voci avanti il mille [...] Ma le parole sono di quella nostra vecchia lingua, che i Provenzali chiamarono romanesca”. “Romanesca” sta, qui, per “romanza”. Borghesi scompose la terzina pressappoco come segue:

I - SO - V - GAT

E - OSTEVL

EN - IOVET

Così separate, le lettere avrebbero allora rivelato il vero significato originario delle strane parole: “Io sono un gatto e l’ostello se ne giova”. L’edificio, su cui è murata la pietra, si dice essere anticamente stato un’osteria, e, insieme, una locanda. Come tutte le locande di questo mondo, anche questa di Costacciaro dovette certo conservare molte cibarie e masserizie. Se così fu, com’è verosimile, si può bene immaginare, allora, come questo “ben di Dio” potesse essere stato costantemente minacciato dalla voracità dei topi. Da qui, la necessità d’un “gatto tutelare”!

 

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