Anno V° numero 141 marzo 2006

 

 

COSTACCIARO L'INTERVISTA BOTTA E RISPOSTA IN CITTA' TRA GLI UOMINI ORIGINARI E IL COMUNE, PARLA NATALE VERGARI

"NUOVO STATUTO, NUOVE POLEMICHE"

di Gianluca Marchese

Arrivi a casa di Natale Vergari, dove ci ha invitati per l'intervista, e capisci subito perché è presidente di una comunanza agraria che risale alla fine del Duecento: ci sono i cani che ti corrono incontro abbaiando nel momento in cui scendi dalla macchina, salvo poi scoprire che di abbaiare fanno solo finta; ci sono gli animali all'interno delle stalle, ché non è proprio periodo di pascolo; ci sono persone che portano alcune damigiane di vino in cantina, dove possiamo ammirare tanta legna, un piccolo tino e una vecchia ed enorme botte ben conservata, di quelle che non se ne vedono più ("Eh, con tutti questi cinghiali, però, ho dovuto togliere le viti", ci spiega il padrone di casa); entrando si sente l'odore di legna che arde e quel caldo avvolgente e unico tipico delle stufe; man mano che si avvicina l'ora di pranzo, poi, a quell'odore si mischia il profumo di carne genuina che cuoce in santa pace e in barba a mucche pazze, ogm e sindromi da influenza aviaria. "La nostra comunanza - attacca il presidente dell'Università degli Uomini originari di Costacciaro ‑ tiene molto a conservazione, cura e miglioramento del patrimonio ambientale e a uno sfruttamento razionale delle risorse del territorio, sempre più esposto a tentativi di sfruttamento da parte di privati e alla miopia di amministrazioni che confondono il bene comune con il godimento indiscriminato e superficiale da parte di chiunque. Abbiamo una storia plurisecolare, rappresentiamo culture e tradizioni che non possiamo dimenticare, come si può dire, criticando il nuovo statuto, che bisogna allargare in modo non formale la partecipazione al nostro ente, di fatto sminuendone significato e finalità?"

La lettera

Siamo qui per questo. Il riferimento di Vergari è chiaro: il 13 gennaio 1'assemblea generale dei condomini ha approvato il nuovo statuto della comunanza, criticato in una lettera datata 21 gennaio che il comune di Costacciaro ha spedito a tutti i cittadini. Nella lettera del sindaco si legge che "devono essere previste regole per allargare effettivamente e non solo formalmente la partecipazione all'università, per fare in modo che sia patrimonio storico­ culturale e di appartenenza di gran parte dei cittadini di Costacciaro". Al che Vergari replica: " Il Comune ha attaccato il discorso che non avremmo realizzato un allargamento ‘generalizzato’ dell'appartenenza all'università. Be', ci mancherebbe l'avessimo fatto. Non è possibile. Non basta risiedere a Costacciaro per poter far parte del nostro ente". Eppure, secondo il presidente, dei grandi passi in avanti sono stati fatti lo stesso: "Con il nuovo statuto ci siamo modernizzati conservando comunque storicità. Anche per quanto riguarda l'affrancazione, cioè il poter entrare à far patte della comunanza".

 

Diritto di affrancazione

"Per qualcuno questo è stato uno scandalo, dicono che chiediamo troppi soldi. Nel nuovo statuto è previsto, in realtà, che una famiglia che voglia entrare nella comunanza deve avere una residenza ininterrotta di almeno cento anni nel comune di Costacciaro e pagare 30mila euro. Pensate che per qualcuno, invece, la richiesta di 30mila euro è addirittura ridicola. È troppo poco. Noi la crediamo comunque equilibrata. È una soglia per chi vuole affrancarsi seriamente evitando chi lo vuol fare solo per meri interessi economici.

Utenti e donne

Altro capitolo riguarda il far parte dell'ente: "Noti è vero che all'interno dell'uni­versità non c'era parità tra sessi, come ha scritto il Comune. Alle donne erano riconosciuti gli stessi diritti degli uomini, sia di utenza che di voto. Infatti compaiono anche nomi di donna tra i 41 ceppi originari che compongono la comunanza. L’unica differenza era che una donna perdeva il diritto di utenza se contraeva matrimonio, anche perché i figli avrebbero perso il cognome. Con il nuovo statuto, comunque, è cambiato parecchio: ora anche i figli delle donne erediteranno il diritto di utenza, che si trasmette, appunto, solo ai discendenti in linea retta. È una grande apertura alla conservazione dei ceppi, che un secolo fa erano un centinaio. È anche una tutela per non sparire, quindi". A questo punto, però, non nasce proprio il problema del ceppo? "In realtà no, perché faremo una sorta di albero genealogico o libro mastro in cui sarà scritto il ceppo del cognome già presente nello statuto appena redatto, che la Regione sta approvando, e gli eredi anche con diverso cognome. Se, per esempio, mia figlia si sposasse, i figli erediterebbero l'utenza, comparendo sì con diverso cognome, ma sotto al ceppo della famiglia di Natale Vergari. Ma c'è di più: infatti ora anche i cittadini originari ma non più residenti possono riacquistare i diritti e lo stesso vale per chi non è mai stato utente ma lo è stato il membro più anziano della sua famiglia, anche non residente. Insomma, mi pare che siano stati mossi dei grossi passi in avanti, altro che allargamenti soltanto formali. E comunque quello che ci interessa è mantenere una vera Università degli Uomini originari di Costacciaro. Quindi al Comune cosa vi sentite di dire? "Lo abbiamo scritto anche in una lettera di risposta a quella del sindaco che abbiamo consegnato a mano a quante più famiglie possibile. Il Comune dovrebbe pensare di più ai problemi del comune, che non sono pochi. Per esempio quello occupazionale. O la situazione delle strade. Avremmo anche gradito sapere, a proposito del finanziamento di 700mila euro erogati a fondo perduto da Regione e Ue, su quali progetti saranno investiti: sembrerebbe, infatti, che detta somma, parziale o totale, sarà per l’ennesima volta spesa per interventi sull'attuale Museo del Parco o Borgo Didattico eccetera. Strutture già costate milioni di euro al cittadino senza alcun beneficio reale per la comunità, a parte la cosiddetta ‘immagine’, di cui, ovviamente, non si vive. Invitiamo quindi il Comune a lasciar perdere di interferire sul modus operandi di associazioni su cui sindaco e amministrazio­ne non hanno alcun diritto perché di competenza interna alle associazioni stesse. E se collaborazione deve esserci, che sia paritaria e rispettosa delle nostre tradizioni e dell'orgoglio di appartenenza, non essendoci né interessi economici né di altro genere. Scoprire il perché di certe dichiarazioni e attacchi sarebbe comunque interessante. Pensandoci bene, perché un'amministrazione dovrebbe interessarsi così tanto a un ampio allargamento di una comunanza agraria che vanta oltre 700 anni di storia? Ripensando alle ultime educate parole che Vergari ci rivolge al momento al momento di congedarci, "perché non vi fermate a pranzo?", e dovendo declinare l'invito, non può che venirci in mente, a malincuore, una bella domanda: cosa bollirà in pentola?

 

 

COSTACCIARO  PARLA CHI, IGNARO, AVEVA INDIRETTAMENTE A CHE FARE CON L'AZIENDA CHE SFRUTTAVA I CLANDESTINI

“Del tutto estranei alla vicenda”

di Patrizia Antolini e Gianluca Marchese

Veri e propri operai fantasma. Erano in sette, tutti di nazionalità cinese, che lavoravano (e vivevano alcuni) nello stesso luogo, un capannone di Costacciaro. E nessuno, nel piccolo comune di 1300 anime, aveva in pratica mai visto alcuni di loro. Costacciaro come Porta Palazzo a Torino: i cinesi sono invisibili. Ha aperto scenari impensabili per l'eugubino‑gualdese un'azione di controllo dei carabinieri di Gubbio supportati dai colleghi di Sigillo, volta alla prevenzione e alla

La ditta umbra per cui lavorava l’opificio cinese

Nessuna speculazione da parte nostra

repressione dei reati correlati al mancato rispetto delle condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro e all'immigrazione clandestina. I militari hanno individuato un capannone adibito a opificio all'interno del quale, in violazione delle più elementari norme igienico sanitarie e di sicurezza, veniva eseguita da lavoratori cinesi la produzione di capi d'abbigliamento ospedaliero. Trovate dieci postazioni lavorative, costituite da grosse macchine in gran parte obsolete e non a norma, grazie alle quali la produzione si svolgeva a ritmo continuo, 24 ore su 24. Ciò sarebbe confermato dalla presenza all'interno dello stabile di un angolo cottura e di in una camera adiacente adibita a dormitorio, dove erano ammassati materassi ed effetti personali. Per questo è intervenuta anche 1'Asl. Erano sette i lavoratori cinesi impegnati nella produzione: marito e moglie responsabili dell'improvvisata attività e cinque loro connazionali, tre dei quali clandestini (due Uomini e una donna). L'opificio è sotto sequestro e la vicenda ora è in mano al pm Gabriele Paci. Il confezionamento dei manufatti, stando alle etichette rinvenute nell'opificio, già applicate su prodotti finiti, avveniva per conto di una ditta umbra.

LE TESTIMONIANZE

"Siamo del tutto estranei alla vicenda. "Questo il primo commento dei titolari della ditta umbra. "Operiamo qui da 44 anni con grande professionalità, lavorando dal 1988 solo affidando la produzione a terzi, mentre questi cittadini cinesi sono qui da pochi mesi. La produzione che facevano per noi era irrilevante." Ma quali i rapporti tra le due attività? "I rapporti avvenivano nella più compieta legalità fiscale, come documentazione già consegnata ai carabinieri, e il prezzo corrisposto per il lavoro che svolgevano era lo stesso di altre aziende italiane che lavorano per noi, secondo il mercato. Quindi non c'è mai stata alcuna speculazione. I contratti erano regolari." Perciò questo trambusto non potevate prevederlo. "Questi cinesi sono arrivati con tutto in regola. Noti è che non ce l'aspettavamo e basta, nemmeno potevamo immaginarlo. Siamo d'accordo che laboratori del genere siano chiusi. Comunque, sottolineo, quest'azienda di cinesi è assolutamente a sé stante, non era

Il proprietario del capannone

Affitto regolare. Hanno sbagliato,

ma non sono dei mostri

indotto della nostra. Tant'è che lavoravano soprattutto per altri." Sulla stessa linea le parole di chi aveva affittato quella parte di capannone ai due cinesi regolari: "Per quel che concerne l'affitto è tutto regolare. Anzi, all'inizio gli avevo anche ripetuto più volte ‘queste sono zone tranquille, cercate di lavorare alla luce del sole. Poi è successo quel che è successo, ma di certo non potevo saperlo. Inoltre devo ancora prendere i soldi dell'affitto. Chissà se mai li avrò. Però posso dire che hanno sbagliato e sono andati contro le leggi italiane, ma non sono dei mostri."