Numero 06 giovedì 1 aprile 2010

 

CONGREGAZIONE Tra passato e presente con il priore Vergari

"Anche san Paolo tra gli Apostoli

Nel segno dello spirito originario"

La nascita della congregazione degli Apostoli risale al 1674. In quell'anno è stata fondata grazie al notevole impegno di don Pietro Carboni e Pierfrancesco Pascolini, con il contributo di altre 11 persone. Carlo Vergari, Apostolo in carica dal lontano 1965 in sostituzione del nonno e in maniera fissa dal marzo del 1976 (dal 1722 i suoi antenati hanno la carica di Apostolo, tramandata fino a lui) e priore della congregazione dallo stesso anno, non ha smesso di fare ricerche, venendo a conoscenza, grazie al ritrovamento di registri dell'epoca, di fatti molto curiosi riguardo alla formazione e all'ormai plurisecolare storia della congregazione degli Apostoli. "Saperne di più sulla storia della congregazione mi ha sempre appassionato ‑ spiega ‑. Grazie alla consulta accurata dei registri dell'epoca sono riuscito ad avere una visione più chiara dei fatti". Uno sforzo notevole, dato che i registri sono scritti in un italiano dia­lettale e diverse parti si sono scolorite con il passare degli anni. "Quello che più mi incuriosiva era sapere perché gli apostoli fossero 13 anziché 12: ho scoperto che il 13 era san Paolo, che pur non facendo parte dei 12, dalla Chiesa era considerato apostolo". La congregazione era aperta a tutti, senza distinzione tra ricchi e poveri, per partecipare era necessario fare noviziato e tra loro, fino alla fine dell'800, doveva esserci un prete. I membri si autotassavano, ognuno secondo le proprie disponibilità economiche ed erano molto dediti al culto eucaristico e del santissimo sacramento. Prestavano, inoltre, assistenza agli ammalati e partecipavano alle cerimonie funebri, dalle quali ricevevano le offerte necessarie al loro sostentamento. A capo della congregazione c'erano due ufficiali, il priore e il camerlengo, che venivano estratti a sorte e duravano incarica due mesi (così che in un anno tutti potevano svolgere entrambe le funzioni). Da diversi anni c'è solo il priore, colui che regge la compagnia. "Questo compito è mio dal primo anno che sono entrato: è un ruolo che mi entusiasma e lo faccio con molta passione". Gli Apostoli entravano in scena la mattina del giovedì santo, quando, tutti incappucciati e a piedi nudi, andavano dalla chiesa di Santa Croce alla Bianca, dove avveniva la lavanda dei piedi. Finita la cerimonia c'era il pranzo: si mangiava pesce fresco o salato (baccalà, aringa) con verdure. Si è passati, poi, dal pranzo magro a quello grasso pasta, cotoletta d'agnello) poi di nuovo al magro. Il passaggio dal pranzo alla cena si ha nei primi del '900, quando venivano estratti due confratelli che si occupano ancora dei preparativi della cena. "Ora si è tornato a una cena grassa (tagliatelle, agnello arrosto e insalata): non è più una corsa a chi faceva meglio, tanto da far scemare lo spirito della congregazione. Adesso si cerca di far tornare il vero spirito originario con i membri della congregazione impegnati all'interno della parrocchia, un'adozione a distanza di un bambino a Calcutta in India, un contributo a un'associazione per la cura degli occhi in Africa".

Roberto Panetta

Tradizione

Fino agli anni ‘70, reliquie esposte, messa e processione

Il martedì della Pasquetta

La Pasquetta il martedì anziché il lunedì. Questa particolarità per Costacciaro era la norma, che festeggiava con santa messa e processione. La celebrazione mattutina delle 11 durava più di due ore, per l'esposizione delle reliquie dei santi che venivano messe sugli altari principale e laterali, dato, il loro numero elevato. Il parroco alzava le reliquie e un altro sacerdote cantava invocando il nome dei santi. A ogni reliquia corrispondeva una preghiera accompagnata da inginocchiamenti. "Ci si alzava - ricorda Vergari - e ci si inginocchiava in continuazione, con le campane che suonavano ininterrottamente per tutto il tempo". Un'abitudine persa alla fine degli anni '70, con la messa e la processione 'spostate' al lunedì, per permettere a chi veniva da fuori di partecipare. L'esposizione delle reliquie è andata man mano svanendo, fino a scomparire del tutto. Oggi restano solo poche reliquie a disposizione del parroco don Nando (le ossa del Beato Tommaso e il bauletto con la sua veste e il suo cilicio). Nel ricordo di tutti i costacciaroli, però, resteranno sempre le reliquie contenenti la spina della corona del Cristo e il pezzettino del cordone di san Francesco. Che fossero o no originali poco importa: di certo la gente non smetterà mai di credere nell'autenticità, tramandando fede e ricordo di generazione in generazione.

rob.pan.