Ricordando storie d'altri tempi che parlano di montagna, d'uomini e di pecore intelligenti

 

 

Costacciaro - A Costacciaro, fino al 1945, le pecore della pianura laziale raggiungevano, a luglio, i pascoli di monte Cucco. Ogni famiglia, per raggiungere  l'autosussistenza alimentare, aveva bisogno di almeno un maiale  e di tre pecore. Oggi sappiamo che l'insieme di grassi e proteine che questi per l’alimentazione  base forniscono è il più sano. Nel 1886 nel capoluogo c'erano in tutto 194 famiglie e circa 600 pecore, che vivevano tutte con i pascoli del monte Cucco. Ricordo molto bene l'anno 1927, quando venne da Perugia la giovanissima maestra Graziella che si stupì moltissimo incontrando le pecore di Costacciaro. Infatti queste erano talmente addestrate, che, da sole, e di corsa, si radunavano nel “piazzale delle Pecore”, fuori porta dell’Orologio, e rimanevano ferme ad aspettare il pastore. Ci domandiamo dunque: perché il sindaco non rimette l’antica targa “Piazzale delle Pecore”? Le pecore riconoscevano il pastore Sagrafena Angelo, detto “Mocarino” (deceduto a 79 anni, nel 1959), e, questi, alzando il bastone faceva camminare il gregge, guidato dal suo cane bianco. Al bivio di San Rocco, al cenno del bastone, il cane prendeva a destra la “via Roscia” o a sinistra la “via de Rave” e il gregge raggiungeva i pascoli di monte Cucco. “Mocarino”, tra l’altro, era anche un esperto ortopedico e ingessava la gamba fratturata con la chiara dell’uovo, bende e stecche. A sera le pecore da sole, e di corsa, raggiungevano la propria stalla. Le “agnelle”, con una settimana sotto la guida di un ragazzo, diventavano esperte per ritrovare la propria stalla. Al mattino, partito il gregge, nel piazzale rimaneva lo strato di letame e un addetto ripuliva tutto perfettamente, e, per compenso, si tratteneva questo prezioso concime. Ricordo che il più vecchio era “Mazzabestie di Pelucco”, più tardi divenne lo scopino “Davidde de le Grotte”.