La vecchia generazione, tutta sacrificio e tenacia, ci ha lasciato in eredità valori a prova del tempo

Quando per poter vivere bisognava emigrare molto lontano

 

 

Costacciaro - Tra l'Ottocento e il primo Novecento fu intenso, da parte dei cittadini dei nostri paesi subappenninici del comprensorio eugubino‑gualdese, il flusso dell'emigrazione transoceanica verso l'America. Tanti lavoratori dei campi furono, cosi, strappati alla loro terra dall'urgente necessità di "cercar miglior fortuna nelle lontane Americhe". Eroi senza volto né nome, i nostri emigranti salparono, all'alba, coi bastimenti a vapore, per cercare una nuova alba di riscatto sociale ed economico. Nei nostri paesi pedeappenninici non c’è quasi famiglia che non abbia avuto un proprio, membro emigrato in America, o altrove nel mondo. Molti di costoro non fecero mai ritorno a casa, o perché trapiantatisi felicemente nel paese ospitante, o perché, purtroppo, morti sul lavoro, o periti nell'affondamento del proprio transatlantico, come accadde a sigillani e costacciaroli, rispettivamente annegati nel naufragio del vapore "Bourgogne" e dell"Empress of Ireland". Alcuni giovani di Costacciaro, "rispondendo all'appello della patria", tornarono, poi, dall'America solo per morire sugli insanguinati campi di battaglia della prima guerra mondiale: fra essi, Antonio Regnasco, (dal Nuovo Messico) Italo Benvenuti, e Paolo Morelli (dal Canada). Di questi richiamati alle armi, solo pochi ebbero la ventura di salvarsi: fra essi, Benedetto Pambianco di Villa Col de' Canali, ritornato, con il citato Regnasco, dal Nuovo Messico. Una parte di coloro che, poi, ebbe la ventura di fare ritorno con qualche "soldo in tasca", dopo anni di lavoro nelle miniere di ferro, o di carbone, fece appena in tempo a vedere sventolare la bandiera italiana sul tetto della propria casa "cimata". Tale sogno, accarezzato per tutta una vita, fu, infatti, spesso stroncato dalle conseguenze letali della "sinicosa", la terribile silicosi, causata dalla prolungata inalazione di polvere di miniera  ("posièra de mina"). "Fatta la casa, morto l'ucello" era la frase proverbiale che esemplificava, meglio d'ogni altra, questa triste sorte. Furono dei veri eroi quei "minatori del ferro'', quei fieri "ribelli del Minnesota", mirabilmente descritti dalla penna ispirata e partecipante del poeta‑minatore di Costacciaro Efrem Bartoletti, una figura cerniera tra vecchio e nuovo mondo, che ebbe il coraggio, le corde e la voce per cantare, a gola spiegata, questa mortificata epopea del coraggio e della fatica di un'intera generazione di nostri predecessori.

Euro Puletti