In ricordo dell'orso che non c'è più

 

 

Costacciaro - Nella porzione d’Appennino nella quale abitano, l’orso è istinto da alcuni secoli. Lo ricordiamo, oggi, solo taluni toponimi, relativa all’antica presenza d’animali selvatici, spesso, istinti, qualche reperto osseo ed una precisa ed attendibile notizia archivistico-bibliografica, gentilmente segnalata e fornita dall’autorevole storico di Fossato di Vico professor Luigi Galassi. Infatti, come si apprende dall’opera dello storico Alessandro Alfieri, Memorie storiche di Fossato di Vico (Roma, 1900, p. 18, nota numero 3, tratta dal Diario di Antonio dei Veghi, a sua volta contenuto in Fabretti, “Cronache della città di Perugia”, Torino, 1887, vol. I, p. 192), uno degli ultimi orsi bruni (Urus arctos) che sia verosimilmente vissuto nell’area del Parco Naturale del Monte Cucco fu ucciso, tra il 1200 ed il 1300, da cacciatori perugini, in un luogo imprecisato, nel tratto di montagna che sovrasta i borghi di Fossato di Vico e Sigillo. Ecco il prezioso resoconto di tale antica battuta. “Fu fatta una caccia nelle montagne di Fossato e di Sigillo e ci fu ammazzato un orso, e fu misurata la sua schiena e fu otto piedi longa”. E’, tuttavia assai probabile che, sul Monte Cucco, l’orso sia sopravvissuto, sebbene in maniera rarefatta, almeno fino al Rinascimento, poiché questa montagna rappresentava, “in allora”, una riserva di caccia dei serenissimi duchi d’Urbino, quasi tutti grandi cacciatori, fino all’ultimo loro esponente Francesco Maria II della Rovere.

E. Puletti