La sinergia di Soprintendenza, Comune e Comunità montana crea un percorso storico-paesaggistico

In mostra i resti dei sepolcri gentilizi

A Calcinaro una sorta di giardino di pietra con i reperti

 

 

Costacciaro - In località "Il Calcinaro", nell'immediata periferia orientale della città, (dove presumibilmente passava l'antico tracciato della Via Flaminia d'epoca romana), tra gli anni 1751 e 1752 in seguito ad una frana, verosimilmente innescata da un rovinoso terremoto di quegli anni, emersero, precipitando alla peggio nel sottostante alveo del Torrente Fossa Secca (già molto significativamente denominato "Fosso de Musolea" cioè dei mausolei), alcune strutture murarie, d'epoca romana augustea, parte delle quali recanti alcuni, bassorilievi scultorei (ornati da bucrani, colonne fittizie, teste lupine, e, taurine, con giogo, foglie d'acànto, fiori, fregi dorici, quali metope, triglifi, ecc.) appartenuti, originariamente, alla trabeazione dei monumenti sepolcrali. Nello stesso periodo e contesto fu rinvenuta anche una stele funeraria, intitolata a Gneo Disinio, un magistrato locale (duoviro della tribù Clustumina,  e primo abitante di  Costacciaro a noi storicamente noto), per il quale fu, molto probabilmente, innalzata una delle suddette memorie funerarie. Alla fine del XIX, o agli inizi del XX secolo, tali blocchi, che avevano costituito la struttura portante dei mausolei in narrativa, furono riutilizzati per la costruzione di un muro d'argine al fosso sovra menzionato, mentre altri vennero reimpiegati  per la realizzazione d'edifici di civile abitazione. Con un provvidenziale intervento, la Soprintendenza Archeologica per l'Umbria recuperò, nel 1967, dal margine del torrente, i blocchi accatastati, risistemandoli nella sovrastante aia d'un casolare agricolo, ove permasero fino all'anno 2001, quando il Comune di Costacciaro provvide al trasferimento dei medesimi in un'area, di sua proprietà, contigua alla Via Flaminia moderna. Alla fine dello scorso mese di ottobre, la Soprintendenza archeologica  per l'Umbria, nella persona dell'archeologa dottoressa Clarita Natalini, responsabile proc., in stretta collaborazione con il Comune  di Costacciaro (che ha messo a disposizione il sito,  i materiali, la manodopera e i mezzi) e la Comunità Montana "Alto Chiascio" ha portato a  termine le opere di sistemazione delle  vestigia di tali mausolei romani. Seguendo, infatti, il progetto elaborato dall'architetto della Soprintendenza Camilla Mannocci, direttore dei lavori, un'area di proprietà comunale, di 400 mq, è stata predisposta per costituire un suggestivo percorso storico-paesaggistico rappresentato, a mo' di sculture, dai circa cento blocchi di pietra squadrata dei sepolcri gentilizi (alcuni dei quali di conglomerato, e misuranti oltre un metro per un metro e mezzo di lato), che mostrano le parti decorate a bassorilievo, in alternanza con la disposizione ordinata di arbusti, aromatici ed ornamentali, sul terreno. Non essendo stato possibile localizzare, con esattezza, l'area d'originaria ubicazione dei grandi conci calcarei, e, quindi, risultando, oramai, essi, affatto decontestualizzati, questi ultimi non sono stati né ricostruiti né ricomposti, per il  rischio, reale, di incorrere in un "falso storico". Leggendo la relazione tecnica, stilata dall'architetto  Mannocci, si vede come la filosofia ispiratrice del progetto sia stata quella. del "riuso degli elementi litici in una composizione libera, a creare quasi un giardino di pietra. I blocchi sono stati pensati come sculture intervallate a cespugli colorati di lavanda e rosmarino, da poter ammirare seguendo il percorso pedonale sinuoso di raccordo fra la strada e la quota della piazzetta a monte delle case, punto di partenza anche per fare trekking verso Monte Cucco". Il completamento del progetto prevede anche la messa in opera della necessaria cartellonistica esplicativa (tabelle in alluminio di cm 30 x 60). Si è, frattanto, anche nell'attesa della messa a dimora degli arbusti e della ripulitura dei blocchi lapidei da terra, alghe, muschi e licheni, del loro parziale restauro e dell'inventario dei reperti medesimi. È così che la sinergia tra Soprintendenza, Comune e Comunità montana, anche in regime di cronica scarsità di risorse finanziarie, ha permesso la realizzazione di un efficace strumento di fruizione culturale e turistica, contribuendo in tal modo, al più complessivo sviluppo economico di quest'interessante, ma troppo spesso trascurata, parte dell'Umbria.

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